Tema eterno di riflessione è la presenza nel mondo della sofferenza, del dolore e del male. Non solo ogni essere umano, ma ogni creatura vivente – animale e forse pianta – lo ha provato: chi in modo acuto e atroce, chi meno, però tutti ne sappiamo qualcosa. Comincerei dunque con il notare la loro inevitabilità:
La sofferenza e il male ci sono sempre stati
“Nessuno è privo della sua parte di pena, né mai lo sarà” (Pindaro, v sec. a. C)
“Dei mali della vita ci si consola con la morte, e della morte con i mali della vita. Una gradevole situazione” (Schopenhauer 1860)
“La gente cambia, e sorride: ma la sofferenza resta” (T.S. Eliot, 1965).
Ma nonostante la sua inevitabilità, di fronte ad esso l’uomo non può che angosciarsi e stupirsi. Ecco ritornare l’eterno interrogativo:
Perché la sofferenza?
Nel corso dei secoli i filosofi hanno tentato diverse spiegazioni allo scopo di una maggiore comprensione e forse con la segreta illusione di farsene una ragione?
I motivi per i quali soffriamo sono tanti e diversi. In generale, se analizziamo bene i fatti ci accorgeremo che essi sono legati ad una mancanza. In sostanza quasi ogni tipo di sofferenza si riduce a questa convinzione: questo fatto non doveva accadere perché non è bene.
Infatti, soffriamo quando ci capita qualcosa che non ci piace, che non vogliamo o che non ci aspettavamo.
Come reagiamo di fronte alla sofferenza?
Alcuni si difendono negando il problema. Questo è uno dei meccanismi di difesa più diffusi. È la modalità dello struzzo: nascondere la testa sotto la sabbia. Spesso cerchiamo diversivi vari allo scopo di placare quel dolore che sarà sempre presente.
Un altro modo di reagire è quello della rabbia, dell’indignazione, della battaglia, della vendetta. Ci hanno insegnato che dobbiamo combattere, dobbiamo re-agire.
C’è anche chi si mette alla ricerca di un colpevole o anche colpevolizzandosi per quello che si doveva fare e che non si è fatto, aggiungendo in questo modo altra sofferenza.
Ci sono anche quelli che assumono il ruolo della vittima e quindi ci si rassegna convinti che dobbiamo soffrire, ognuno ha la propria croce, ma quella nostra è quella più grande, anzi pensiamo di avere il monopolio della sofferenza.
Un altro modo, non meno grave è quello di cadere in depressione per tutta la vita in modo che qualcuno si prenda cura di noi.
Quali sono i modi per affrontare la sofferenza?
Forse dopo aver re-agito nei diversi modi che abbiamo segnalato, possiamo prendere atto che la sofferenza c’è, mi segnala qualcosa, mi fa riflettere e mi farà cercare soluzioni/punti di vista/azioni diverse. In sostanza dobbiamo imparare a cercare la radice della sofferenza e anche dialogare con essa.
Non sempre riusciremo a comprendere quello che ci è capitato perché ci sono molte cose inspiegabili e siamo stati abituati a chiedere e trovare sempre la ragione di tutto. La cultura scientifica ci ha plasmato perché ci ha insegnato che c’è una causa per ogni evento. Ci siamo allontanati dalla cultura aristotelico- giudaico-cristiana che è quella finalistica per cui c’è sempre un fine che spesso non conosciamo.
La prima cosa che sperimentiamo con la sofferenza è un senso di impotenza perché nessuno vuole soffrire e quindi quello che ci capita non è quello che volevamo. In sostanza scopriamo che la realtà è diversa da quella che avevamo sognato e dopo aver sperimentato la frustrazione di non poterla cambiare, continuiamo a soffrire.
Hai provato la strategia dell’accettazione consapevole?
A questo punto possiamo provare un’altra strategia: accettare la sofferenza in modo consapevole.
È la risposta che hanno dato tutti i saggi. Questo non significa che ci piacerà la situazione che ci procura dolore. In sostanza noi dobbiamo prendere coscienza che soffriamo, ma non possiamo identificarci con la sofferenza mettendo in atto tutti i meccanismi di difesa, ossia le reazioni di cui abbiamo parlato.
Accettare consapevolmente la sofferenza è un modo più sano che ci permette di non attaccarci ad essa, né di rifiutarla o ignorarla. La presa di coscienza della sofferenza significa che con eroismo accettiamo quello che ci accade e questo ci porterà a liberarci da alcune convinzioni illusorie sulla vita, su noi, sugli altri.
Questa strategia ci porterà a conoscere meglio noi stessi e a comprendere meglio il prossimo in quanto ci accorgeremo che tutti siamo accomunati dalla sofferenza. Questo porterà maggiore empatia, compassione e solidarietà che costituiscono la nostra essenza.