Sei insoddisfatto della tua vita? Ecco la soluzione

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Il miracolo della resurrezione di Lazzaro

Il miracolo della resurrezione di Lazzaro, raccontato soltanto dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 11:1-44), per me, è il paradigma dell’inizio del miracolo di una nuova vita di ricerca  della propria essenza umana/divina, più significativo e soddisfacente del mito della caverna di Platone .

Nel racconto del miracolo abbiamo alcuni elementi che sono veramente indicativi e illuminanti per chi si sente insoddisfatto della propria vita fino a sentirsi morto.

Solitamente quando si è malati fisicamente, dopo essersi rivolti invano alla medicina, nella fiducia della guarigione, si seguono altre strade, tra le quali si invoca il miracolo. Insomma, in tutto questo itinerario ci si affida sempre ad altri affinché con i farmaci o con i miracoli si possa guarire. Non si pensa che forse la propria anima (principio di vita) possa essere malata. Non si crede che il processo di guarigione debba partire da sé stessi, nel senso di interrogazione della propria vita. Spesso si pensa solo alla morte fisica e non a quella della propria anima, che può essere oppressa dalla paura, dal senso di colpa, d’impotenza, d’inadeguatezza e di disperazione. Ecco perché bisogna distinguere la malattia dell’anima dalla morte dell’anima in cui si è persa qualsiasi sensibilità e speranza, perché si vive separati dalla fonte della vita, in quanto la dimensione spirituale è totalmente assente.

Il mito della morte di Lazzaro

Mentre nel mito della caverna di Platone uno schiavo viene liberato dalle pesanti catene per uscire dal buio della caverna e incamminarsi da solo nella ricerca della verità e del Bene.

Nel racconto del miracolo, invece, io vedo lo stato di chi, non vivendo una vita nella pienezza della propria essenza spirituale, vive come se fosse morto e sepolto in un sepolcro dove una grande pietra lo tiene separato da tutto ciò che è vitale; in sostanza una situazione ben più grave di quella dello schiavo. In più, come il morto, dopo quattro giorni è putrefatto, anche chi vive una vita vuota è mortifero soprattutto per chi gli sta vicino.

A questo punto, solo una voce può farlo risorgere. È la voce di chi pronuncia il suo nome e gli dice: vieni fuori! Quando il morto/vivente sente la voce di chi lo chiama con amore, ecco solo quella voce è in grado di farlo uscire dalla vita insoddisfacente che conduce.

Vivere nel sepolcro

La descrizione dell’uscita di Lazzaro dal sepolcro è una rappresentazione irreale. Essere fasciati mani, piedi e testa con le bende è l’immagine di una vita in cui c’è l’apparenza di essere liberi, non si sente la durezza delle catene, perché le bende sono morbide, proteggono dagli urti, ci si muove nella sicurezza delle proprie convinzioni, credenze, abitudini, automatismi, veri e propri meccanismi di difesa, ma sempre nell’ambito del proprio sepolcro, dove si vive nel buio, dove non si riesce a sentire il dolore della propria anima.

C’è da precisare che prima del comando di vieni fuori, Gesù (il Maestro) è stato chiamato dalle sorelle, mentre Lazzaro era malato. Gesù arriva quando Lazzaro è già morto e sepolto.   Attraverso il miracolo della resurrezione (visibile) Gesù vuole insegnare la vera vita autentica per mezzo della fede. Nel suo ministero non ha mai insegnato a temere la morte fisica, ma quella dell’anima, anche perché è un dato di fatto oggettivo che tutti fisicamente dobbiamo morire.

La pandemia del Coronavirus sta mettendo in evidenza la realtà della morte che la società edonistica in cui viviamo aveva rifiutato relegandola a evento privato, ingiusto, tragica sventura, che neanche la medicina  riesce a sconfiggere.

Qual è il primo passo della nuova vita?

Davanti al sepolcro Gesù comanda ai presenti di togliere la pietra. Quando è prezioso il ruolo dei familiari e amici! Nell’ascolto della voce che chiama si è fatto solo il primo passo, ora diventa necessario che qualcuno venga a sciogliere le bende. Da soli nessuno può farcela. Si ha bisogno di un tutor, una guida, un compagno, un amico per sciogliere i dubbi, la fatica, la tristezza, lo scoraggiamento.

A questo punto, ognuno con i propri tempi necessari per comprendere la nuova vita e l’essenza della natura anche spirituale, deve essere lasciato libero di andare.

La morte fisica non sarà più temuta, non avrà più potere, il miracolo della resurrezione si è compiuto. È iniziata qui, sulla terra, una nuova vita, una vita pienamente autentica, nella consapevolezza che il corpo fisico è soggetto alle leggi della natura e come tale si può ammalare e andare incontro alla morte fisica. Questo è il senso delle parole di Gesù, valide per credenti e non credenti:

“chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno.”

Quando ci si accorge che la vita che si vive è insoddisfacente e ci procura amarezza, significa che è il modo di vivere che ci soffoca, a questo punto la Vita (Dio) prende il sopravvento dandoci la possibilità di sentire la Voce di Qualcuno che ci ama, chiamandoci per nome e che in quel momento rappresenta la voce di Gesù. Quel Qualcuno può essere chiunque abbia ascoltato la Voce e sia venuto fuori dalla propria vita miserevole e mortifera, dopo essere stato sciolto dalle bende delle convinzioni errate, iniziando un cammino di conversione e trasformazione.

Ecco perché, per cambiare, abbiamo bisogno di metterci insieme a quelle persone che hanno già iniziato un percorso di cambiamento, attraverso i laboratori di pratiche filosofiche.

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