Il concetto di salute
In questo periodo si parla tanto di salute, ma conosciamo davvero il suo significato ?
La parola salute deriva dal latino salus, salutis che letteralmente può tradursi in salvezza, incolumità, integrità, salute; ma la sua radice è affine al termine -sempre latino- salvus che significa salvo.
Qual è il tuo stato di salute?
A questa domanda siamo in grado di rispondere: grazie sto bene? Oppure sentiamo che ci manca qualcosa? Molti pensano che la salute corrisponda a non avere malattie. Invece, l’O.M.S. identifica la salute con uno stato di benessere fisico, psichico e sociale.
Nel definire la salute si prendono in considerazione non soltanto i fattori fisici, ma anche quelli psicologici e sociali. La salute si raggiunge allorché le persone sviluppano e utilizzano al meglio le proprie risorse, diventando soggetti pro-attivi nell’impatto con la malattia. Ciò significa che fattori fondamentali per la salute sono: la consapevolezza di quanto accade dentro e fuori di noi, la ricerca di significato, la credenza in alcuni valori e ideali.
La narrazione dominante della malattia di Covid-19
Da più di un anno, siamo bombardati da notizie relative al coronavirus, soprattutto da un punto di vista dei contagi, dimenticando che vi un altro tipo di contagio altrettanto grave: quello legato alla paura.
L’esposizione continua ad un pericolo potenzialmente mortale per noi e per i nostri cari crea uno stato costante di preoccupazione e di allarme.
Un allarme continuato, senza sapere quando possa cessare, essendo costretti, dalle disposizioni ministeriali, alla limitazione delle nostre abitudini e quindi della nostra libertà, può costituire un forte trauma psichico.
Una minoranza anche se composta da esperti della medicina (virologi, epidemiologi, infettivologi ecc.) ha visto l’essere umano nella sola dimensione biologica e sulla base di tale punto di vista parziale, la maggior parte dei governi ha preso delle decisioni.
Senza dubbio il metodo scientifico e la Medicina Basata sulle Prove (EBM) sono un importante traguardo raggiunto, ma l’essere umano è molto più complesso e non può essere studiato solo dalle leggi statistiche e matematiche per affidare poi agli algoritmi, le decisioni che impattano sulla vita di milioni di persone.
Perché è stata scelta solo questa narrazione della cura della malattia? Perché è prevalso solo il paradigma medico/scientifico? Perché la dimensione mentale, sociale e spirituale non è stata presa in considerazione?
È evidente che la malattia è l’evento visibile, ma certamente essa è influenzata anche da scorretti stili di vita, da poca conoscenza e attenzione a se stessi e da squilibri di anni di scelte politiche, economiche e sociali. Infatti, come mai, dato l’enorme tasso di contagiosità, molte persone, pur essendo a contatto con malati, non si sono infettate?
Qual è il bilancio dopo un anno di pandemia?
Una domanda tuttavia sorge spontanea: c’è qualcuno che, a un anno distanza dall’arrivo dell’epidemia, ha l’onestà intellettuale di fare un bilancio serio sull’efficacia delle misure prese?
In un anno di interventi, una generazione di anziani è morta, i bambini e gli adolescenti sono stati costretti all’isolamento e al disagio psichico, mentre l’insieme delle famiglie è stato costretto alla precarietà, scaricandone gli effetti in particolare sulle donne.
Perché dopo un anno di ricerche mondiali, di prescrizioni e limitazioni, si è imposta un’altra narrazione che solo i vaccini ci possono salvare? Ma di quale salvezza parliamo? Solo di quella del corpo?
Nel frattempo, chi gestirà i gravi disturbi psico-somatici dei nostri bambini, adolescenti e persone fragili? Chi gestirà la rabbia sociale, la depressione, la solitudine di milioni di persone a cui è stato imposto il distanziamento sociale, a cui è stata impedita ogni partecipazione ad attività culturali e ricreative?
Insomma, il paradigma dominante adottato per fronteggiare la pandemia è stato quello di obbligarci a rinunciare a vivere (dimensione psico/sociale) per non morire. (dimensione biologica).
Forse dobbiamo uscire da questo paradigma dominante e particolare, cominciando a porci le note domande filosofiche: chi sono io? Perché esisto? Qual è il senso della mia vita?
La riflessione dello stato di salute fisica e psichica che ha provocato, e continua a provocare la pandemia da Covid-19 è uno specchio della realtà di oggi, ed è pienamente condivisibile. Sicuramente avrà risvolti futuri e dobbiamo esserne coscienti. Anche alle domande di fine testo dobbiamo darci delle risposte. Mi soffermo solo su un aspetto, la paura. Paura, vuol dire non conoscenza. Questa crea danni enormi, destabilizza, crea ansia, malessere, ti fa vivere male. Poi sentiamo i virologi, gli epidemiologi, gli specialisti del settore che danno delle risposte contrastanti. Questo ci spaventa ancora di più !
Noi vorremmo una risposta unica, una certezza. Non ci rendiamo conto della ns. precarietà, della ns. poca conoscenza e vogliamo subito sapere la verità. Ma una sola verità non esiste. Esistono “angoli di verità di vedute”. Ogni specialista cerca di operare al meglio, ma un unica soluzione non esiste. Nel ns. piccolo, anche noi, dobbiamo cercare la verità, e non aspettare che arrivi sempre dall’alto. Come? Cercando di informarci, di leggere cosa sta succedendo, (non solo TV) prendere coscienza di ciò che ci circonda, solo così la paura può diminuire, ed essere più consapevoli del “tutto” . In questo modo ci si può tranquillizzare e accettare una situazione diversa dalla precedente, con una mente più serena.